Mark Addams [a cura di]
PAUL MCCARTNEY STORY
978-88-7953-284-6 − pagg. 254 − € 18,00
Cronologia biografico-artistica, antologia di interviste e dichiarazioni: l’ex Beatle si racconta, 1962-2014.
«Da ragazzino volevo diventare un musicista, e mio padre, che era un appassionato di musica bandistica, mi aveva regalato una tromba. Avevo cominciato a studiare quello strumento, ma dopo un po’ avevo smesso: mi faceva troppo male la bocca, e mi ero reso conto che in realtà io volevo cantare, e cantare con quella cosa incollata alle labbra era impossibile… Allora, poco prima che la chitarra diventasse lo strumento, avevo deciso di diventare chitarrista, perché così potevo suonare e cantare».
«Elvis è stato un genio, e io l’ho sempre amato. Compravo tutti i suoi dischi, da Blue Suede Shoes a Heartbreak Hotel, e li riascoltavo di continuo, fino a consumarli: impazzivo veramente per la voce di Elvis».
«Da ragazzi andavamo a masturbarci a casa di Nigel, a Woolton. Restavamo tutta la notte, ci sedevamo in poltrona, spegnevamo le luci, e ci masturbavamo alla grande. C’era sempre qualcuno che diceva: “Brigitte Bardot! Oooh!”, e quel nome ci manteneva l’eccitazione; poi qualcun altro, credo che fosse John, diceva: “Winston Churchill!”, e a quel punto l’erezione svaniva all’istante».
«Avevo parecchia paura delle droghe, dato che avevo avuto una madre infermiera, perciò ci andavo sempre cauto. Direi che sia stato un bene, visto come giravano le cose, perché ti capitava di ritrovarti in posti in cui qualcuno ti chiedeva: “Vuoi sniffare un po’ di eroina?”, al che io rispondevo: “Sì, ma solo un po’”… Mi muovevo sempre come se stessi attraversando un campo minato, e credo che questo atteggiamento mi abbia salvato, perché non ci avrei messo niente a diventare tossicodipendente».